Le immagini si trasformano. Un’affermazione opinabile soprattutto quando si allude a un oggetto concreto che rimane statico e imperscrutabile. Se prendiamo la fotografia anche Barthes aveva difficoltà nel definirla, tanto da dedicargli uno dei saggio più affascinanti come La camera chiara: «La Fotografia è inclassificabile perché non c’è nessuna ragione di contrassegnare tale o talaltra delle sue occorrenze, forse, essa vorrebbe diventare altrettanto grossa, altrettanto sicura, altrettanto nobile quanto un segno». Quando un’immagine accade la molteplicità di spunti sembrerebbe far perdere le tracce dell’autore. La frammentazione, in realtà, è dovuta al fatto che a esserne protagonisti non sono solo i soggetti guardati ma anche chi guarda.
È singolare il caso di Lalla Romano che nella vita ha avuto come primo amore la pittura, poi la fotografia, oltre che la scrittura. Ne aveva dato esempio in Romanzo di figure: una ricostruzione per immagini e testi delle fotografie di famiglia scattate dal padre. L’indole osservatrice non si è mai esaurita e anche una piccola raccolta come Pralève e altri racconti di montagna da poco pubblicata da Edizioni Lindau, ne dimostra l’abilità.
Einaudi aveva pubblicato La villeggiante nel 1975, in cui era incluso anche Pralève insieme ad altri racconti. Il titolo della seconda parte che Einaudi pubblicò successivamente, viene ora ripreso da Lindau che vi aggiunge altri tre racconti valdostani inediti. Si susseguono una serie di bozzetti che illuminano i personaggi, altrimenti sconosciuti nella vita cittadina, che popolano le mete estive della scrittrice. Nonostante la divisione in racconti di poche pagine sin dall’inizio la Romano si preoccupa di far penetrare chi legge in una vera e propria storia sempre nella parte dello straniero della montagna. L’introduzione è necessariamente paesaggistica che, anche senza l’ausilio dell’immagine, riesce a manifestarsi grazie agli accorgimenti linguistici di Lalla Romano.
Guardare il bacino di un fiume su una carta topografica è come è come guardare una foglia con le sue nervature, o il palmo della mano. Dove nasce uno dei solchi più esili, più fini, è un punto particolarmente solitario e bello: Pralève.
(Lalla Romano, La conca, da Pralève e altri racconti di montagna, Edizioni Lindau, 2017, p.22)
La conca ci introduce al paesaggio con uno sguardo aereo, poi La corriera permette di entrare tra le file degli abitanti del luogo e dei turisti. È una distinzione che la stessa autrice ha imparato a rimarcare, come a voler rispettare l’austerità degli autoctoni con i quali anche il terreno fertile della conversazione di circostanza si tramuta in aridità.
Avevo quasi ripudiato, quasi cercato di dimenticare tale linguaggio ritenuto incivile; ma adesso che in un certo senso ritornavo, mi era grato risentirlo e non intendevo giudicarlo. Però, come un tempo, mi intimoriva. Non ero veramente dei loro, ero nata in una valle per caso.
(Lalla Romano, Nanda, da Pralève e altri racconti di montagna, Edizioni Lindau, 2017, p.28)
Dalle presenze sconosciute emergeranno gli abitanti della quotidianità di montagna. Lalla Romano ricava sempre un dettaglio, una sfumatura nella gestualità, una caratteristica fisica che, in poco tempo, restituisce un carattere e una figura ben chiara. Ma le figure dell’autrice alludono a quanto detto per le immagini fotografiche: mutano con l’angolazione sempre più familiare e intima col procedere degli avvenimenti raccontati, e mutano insieme al cambiamento di chi le guarda.
Così i racconti di Pralève narrano una graduale integrazione nell’ambiente montanaro, tra villeggianti barricati dietro il tacito ordine borghese o la rigidità degli abitanti originari ma sempre sbrogliati dall’acutezza di chi scrive. Guardando, la Romano ha l’occasione di guardarsi a sua volta, senza lasciar trapelare della propria vita in città e velando le impressioni sulle relazioni e i pettegolezzi. Quando si passa ad Altri racconti di montagna si avverte un leggero cambiamento nel tono dell’autrice. Se prima lo sguardo contemplava orientato all’esterno ora si rivolge all’interiorità, agli affetti conosciuti, alla «contemplazione solitaria» del «mistero» della montagna. Da uno sguardo indifferente i monti assumono contorni mistici e riflessivi. «Sono gli uomini che fanno i luoghi» eppure la scrittura di Lalla Romano fa dire che sono le parole e le immagini ad aver creato le età esperienziali della montagna.
Titolo: Pralève e altri racconti di montagna
Autore: Lalla Romano
Editore: Lindau
Pagine: 144
Prezzo di copertina: 14,50 €
Acquista su Amazon:
Brava, non ho altro da aggiungere.
Appena l’ho leggo ritorno da te.
Poi facciamo cambio e visito il tuo parere 🙂 C’è molto da dire e si tratta di un libro da cui ognuno riesce a ricavarne i collegamenti più disparati
[…] forma del racconto che è animato da altre regole stilistiche rispetto a quanto avevo già detto in Pralève e altri racconti di montagna. Nei due racconti ora pubblicati la Romano costruisce una matriosca di frammenti: brevi scorci […]