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Il significato delle luci: Ombre. Racconti ispirati ai dipinti di Edward Hopper

Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere.

Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo.

Nelle affermazioni di Edward Hopper voglio riconoscere una dichiarazione d’intenti o, come preferirei chiamarla, il significato e la percezione letteraria delle proprie opere. Perché Hopper ha investito in un unico mezzo, come se fosse un senso ipersviluppato, con un duplice impegno. Lo stile pittorico con l’amore per la pittura olio e per gli acquerelli, che è stato in grado di modulare unificando le architetture, i paesaggi, le stanze di città e rendendo la ricerca di ombre e luci più complessa rispetto al semplice affiancamento. Il secondo impegno si ha quando la tecnica trova congiuntura con il mondo rappresentato: mondi borghesi, stanze in penombra, uomini e donne di città dallo sguardo inesistente e inafferrabile che quando c’è si riduce a particelle di poli opposti, vicini fisicamente ma male assortiti, reciprocamente e con il mondo. Viene quasi da pensare che le luci e le ombre sono un negativo: laddove illumina, Hopper vuole sottolineare altre ombre (il volto, le spalle, la testa, cosa pensa?).

Si comprende che l’immaginario alimentato dal pittore che ha attraversato gran parte del Novecento ha un fascino attuale che non sta solo nella pittura realista, ma in un dialogo che instaura con chi lo guarda ed esula dal contenuto per appartenere solo a chi la osserva. All’osservare sostituiamo il leggere e prendiamo Ombre, la raccolta di tredici racconti, edita da Einaudi, ispirata ad altrettante opere di Hopper. Nella prefazione dell’antologia l’ideatore, lo scrittore Lawrence Block, riconosce il potenziale evocativo di Hopper e, insieme ad altri scrittori, si lascia andare alle storie celate dai quadri.

Nella raccolta si susseguono due tipi di racconto: uno è ambientato all’interno dei quadri, l’altro lascia che i quadri influenzino spettatori e personaggi esterni. Il primo racconto di Megan Abbott (Lo spogliarello) chiarisce quest’ultimo tipo con la storia di un uomo ossessionato dal dover riprodurre nei suoi quadri una ballerina senza veli. L’immagine, in tutti i suoi dettagli rassomigliante all’opera del pittore americano, chiarisce il potere dell’autore rispetto all’artista: riprodurre senza riuscirne a emulare la percezione creandone però di nuove.

Lui le fa assumere pose diverse, con le braccia intrecciate in alto alla Marlene Dietrich, con le gambe divaricate, in posizione da pugile. Una mano sul fianco, come un manichino dei grandi magazzini, oppure entrambe le mani sui fianchi, come una madre che fa «cucci-cucci-cu» a un neonato nel passeggino.

– A cosa ti serve? – domanda infine lei, la schiena le fa male, il corpo le formicola dalla testa ai piedi. – Sono una ballerina o cosa? –

(Megan Abbott, Lo spogliarello, traduzione di Fabio Deotto, Einaudi, 2017, p.8)

1941
Edward Hopper, Girlie show (1941)

Uno dei punti di forza dell’antologia è la varietà di spunti nati dal silenzio che fanno muovere i soggetti dei quadri, soprattutto emotivamente. La donna alla finestra di Joyce Carol Oates, per esempio, mantiene la posa glaciale del quadro e la scandisce in un crescendo di pensieri da parte di una donna mai completamente sottomessa al suo amante. La camera si riempie di gesti, ma la conclusione sarà sempre lei, seduta, in attesa.

Stupiscono soprattutto i racconti di genere come il noir de Il proiezionista di Lansdale, l’horror di Stephen King con La stanza della musica, il fantastico che ha un unico valido esponente in uno dei racconti più belli della raccolta scritto da Nicholas Christopher (Stanze sul mare). A quanto provato e inteso da Hopper con l’immagine si sovrappongono i filtri colorati degli scrittori che hanno la particolarità di lasciare invariato il dipinto, così com’è visto nella memoria, e di modificarlo all’esterno della cornice. L’eterogeneità degli stili, dei generi e degli spunti narrativi adempie allo scopo di far conoscere l’energia creativa e senza tempo di un artista e di un insieme di scrittori.

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Titolo: Ombre. Racconti ispirati ai dipinti di Edward Hopper

Autore: AA.VV.

Traduzione: Luca Briasco, Fabio Deotto, Letizia Sacchini

Editore: Einaudi

Anno: 2017

Pagine: 304

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3 commenti

  1. Ma woooow! Inutile dire che adoro Hopper e che questo libro mi gira in mente già da qualche setimana… 🙂

    1. C’è da dire che non tutti i racconti sono belli, come capita in ogni raccolta in fondo

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