Maestre del racconto è una rubrica che congiunge scrittrici e racconti. Si vedrà come suggestioni racchiuse in poche pagine si coniugano con la vita e la scrittura di queste donne. Non si parla di scrittura di genere – se mai esiste non sono in grado di distinguerla. Qui si giudicano i libri, i racconti, l’importante è la verosimiglianza e la capacità di suscitare un fenomeno lontano e complesso come l’empatia.
Le idee originarie degli scrittori prima che i lettori si impossessino dell’opera: potrebbe essere un genere letterario a parte. Per esempio, quando David Foster Wallace racconta Infinite Jest a David Lipsky – in quel modo un po’ romanzato ma altrettanto affascinante che hanno gli autori di parlare dei loro libri – lo presenta come divertente da scrivere, sperimentale e magico perché tra le missioni della letteratura c’è l’istinto basilare del lettore di trovare se stesso in chi scrive. L’obiettivo era ritrarre la vita così come la vedeva Wallace: «una luce stroboscopica, che mi bombardi di input». L’idea di Infinite Jest era un’adesione al postmodernismo congiunta a una prosa complessa, che aveva poco di lineare e si avvicinava a un’associazione di idee più consona al pensare umano.
Se di generi letterari si deve parlare, conviene tracciare una linea che collega il postmodernismo al minimalismo, simili più negli intenti che nella forma. Nell’interpretazione di Amy Hempel per la narrativa e i racconti c’è anche un po’ di Wallace.
Classe 1951, originaria di Chicago ma adottata dalla California da quando vi si trasferisce all’età di sedici anni. Nella metà degli anni Settanta la Hempel e di nuovo in viaggio per arrivare a New York e incontrare il leggendario Gordon Lish, che lascerà sulla sua scrittura una traccia indelebile sempre in simbiosi con l’autrice. Da qui arriverà la pubblicazione delle raccolte di racconti: Ragioni per vivere (1985), Alle porte del regno animale (1990), Rientrata (1997) e, infine, allontanandosi da Lish, Il cane del matrimonio (2005).
La scelta migliore per una pubblicazione italiana è stata la raccolta Ragioni per vivere, edita da Mondadori con la lodevole traduzione di Silvia Pareschi, che contiene tutta la sua produzione di racconti e rimane il modo migliore per inquadrare la scrittrice nella sua interezza.
Amy Hempel non ha scritto altro che racconti probabilmente perché sono la forma migliore per porzioni di esperienza in grado di essere contenute completamente in poche pagine; qualcosa che, se avesse dovuto avere la lunghezza di un romanzo, avrebbe perso tutta la sua carica emotiva. Il soggetto principale è, ancora una volta, la vita di chi scrive così come abbiamo letto nelle rivisitazioni di Lucia Berlin e nelle cronache cittadine, tragiche e ironiche, di Grace Paley.
In un’intervista su Paris Review la Hempel racconta la prima lezione di Lish alla Columbia: scrivere il peggior segreto, la cosa che avrebbe “demolito” il senso di se stessi. Le apparve chiaro che, per scrivere qualcosa di diverso e davvero unico, doveva ricorrere alla verità dell’esistenza, così come la estraeva dall’esperienza diretta. A questo proposito, è interessante vedere come Ragioni per vivere, un titolo che la Hempel aveva scelto quasi ironicamente, faccia eco a Piccoli contrattempi del vivere, per sottolineare che sì la protagonista è la vita ma a renderle unica è chi la vive. E due diverse autrici, molto simili tra loro, l’hanno scritta in modi diversi.
Nella definizione personale di short story, Amy Hempel elimina la linearità degli eventi e gli dà una nuova forma:
Per quel che riguarda la memoria, essa funziona in maniera frammentaria e non segue un andamento lineare; perciò, diversamente da quanto accade a molti altri scrittori, che trovano logico organizzare i ricordi, il pensiero, il comportamento e le azioni in una forma lineare, a me interessa riportarli a una scrittura frammentaria.
(tratto da un’intervista realizzata da Paola Peroni)
Le luci stroboscopiche che in Infinite Jest alternano la narrazione a flussi di coscienza e descrizioni minuziose che proseguono nelle note, in Ragioni per vivere diventano racconti, anche di una pagina o di poche righe, e puntano a un limare continuo della lingua. Se c’è qualcosa di complesso nella scrittura della Hempel è la sintassi delle frasi che compongono un collage da riordinare rispetto alla vicenda narrata. Personaggi e scene restano sconosciuti ma diventano riconoscibili con poche e mirate caratteristiche, più illustrate dai gesti che dalle parole. Questo tipo di narrativa così visuale e criptica ricorda Grace Paley o Raymond Carver ed è complessa, non tanto per la difficoltà delle parole usate, ma perché attinge all’identità più pura senza intrusioni cronologiche.
Quando si parla di racconti legati all’autore non si può prescindere dai temi a lui cari. Per Amy Hempel e la raccolta iniziale questo significa California, uno dei posti più “belli e misteriosi” che si è trovata a vivere. Nei racconti la osserverà com voci narranti femminili e, quasi sempre, di passaggio:
La Highway One, la strada litoranea, ha molti punti panoramici. A volte capita che qualcuno, sporgendosi per guardar giù dalla scogliera, precipiti di sotto. In fondo ci sono cespugli oppure rocce. La gente lo chiama “andare a ovest sulla Highway One”. C’è addirittura un club per quelli che cadono, del quale si diventa soci da morti.
Ecco cosa pensai quando il furgone dei traslochi uscì di strada. La mia vita intera si sparpagliò lungo la scarpata, e per due settimane la pioggia impedì agli operai di recuperarla. La muffa ricamò le tovaglie, e i tritoni ballarono dentro le mie scarpe.
Era un messaggio pesante, ma io cambiai corsia e proseguii verso ovest, verso casa.
Direi che un presagio così lo puoi anche ignorare.
(da Questa sera è un favore a Holly in Ragioni per Vivere, traduzione di Silvia Pareschi, Mondadori, 2009, p. 19)
Lettura e rilettura sono le azioni dei lettori in casi come Amy Hempel per uno stile che è fatto soprattutto di non dire. Il suo metodo è diverso da un qualunque autore di narrativa che osserva e delinea per portare alla luce: a un acuto spirito di osservazione la Hempel affianca un nascondere e un dire male. Ne La pietra Tom fra le anguille una figlia cerca di ricordare la madre defunta e, quando la nonna le chiederà di raccontarle qualcosa della madre, la consapevolezza si fermerà nel non ricordo.
Altri racconti come Il risposo del Signore, Fine settimana e La festa dei bambini, raccolgono piccole scene di quotidianità americana che si animano di presagi lasciati intendere:
Moosifer era una femmina, disse il nostro esperto di sederi d’alce. Si capiva dall’assenza di corna.
«Attenti a destra!»sussurrò con foga il padrone di casa.
Ci girammo verso il bosco, dove qualcosa di grosso si faceva largo tra gli alberi verso la strada.
Un istante prima che arrivassero Tony e Bruce – con il nuovo cane dei bambini che abbaiava in macchina – tutti noi, ospiti e gente del posto, trattenemmo il respiro mentre i rami si spezzavano davanti al magnifico palco di corna, simbolo di un bisogno che non poteva attendere un altro giorno.
(Da La festa dei bambini in Ragioni per vivere, traduzione di Silvia Pareschi, Mondadori, 2009, p. 162)
Guardammo Dave correre nella secca luccicante e abbracciare la moglie da dietro. Li guardammo abbassarsi fino a sedersi sul fondo roccioso. Quando un cane che vagava sulla spiaggia corse verso di lor – con la fosforescenza che gli si attaccava al pelo – scorgemmo il contorno delle zampe che nuotavano sott’acqua. Nel momento in cui Dave e Fay si rialzarono, tenendosi stretti, quell’improvvisa fosforescenza era sparita.
Il resto dell’estate trascorse serenamente, quasi a rispettare quella serata come la più adatta a concludere la stagione. In quel periodo l’unico dolore era quello inflitto dalle api, e un semplice rimedio – tre tipi di erbe pestate insieme e strofinate sulla puntura – si trovava proprio nel giardino dietro casa.
(Da Il riposo del signore in Ragioni per vivere, traduzione di Silvia Pareschi, Mondadori, 2009, p. 152)
Un inizio, uno svolgimento e una fine non hanno confini definiti nelle storie della Hempel. Singhiozzano, si interrompono o iniziano sempre con un incipit che parte dal mezzo («Raccontami qualcosa che non mi dispiacerà dimenticare» mi disse) e poi si muove liberamente avanti o indietro nei ricordi. Se di narrazione frammentaria si tratta, ogni frase riesce ad acquistare la propria indipendenza rimanendo legata alle altre. Si avverte smarrimento quando un periodo prende spunto da quelli precedenti e tutto si trasforma in un vagare indefinito. Solo uno stile equilibrato, mai volutamente metaforico, e ridotto al minimo si coniuga perfettamente con cinismo, ironia e racconti di vita essenziali.
Autore: Amy Hempel
Traduzione: Silvia Pareschi
Editore: Mondadori
Anno:2009
Pagine: 373
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