Panorama non è il futuro. È un presente nostalgico portato all’estremo.
La pratica della lettura si è eclissata da tempo e con lei anche la carriera di Ottavio Tondi, l’archetipo del vero lettore. La sua vita si fonda sulla passività e per soddisfare la volontà di vivere fruga nelle vite che trova nei libri.
Scopre un best-seller, diventa una celebrità, in fondo è uno dei pochi che dice di leggere e lo fa davvero, viene invitato a eventi e festival letterari per essere guardato mentre legge.
E poi una disavventura svuota completamente un guscio mai stato pieno: Tondi rigetta i libri come se fosse reduce da una sbornia colossale.
Il fascino della lettura è pressoché un ricordo e lui, che non sa fare altro, è costretto a vendere i libri per sopravvivere e si avvicina a Panorama, social network simile a Facebook. Qui conosce Ligeia Tissot e se ne innamora senza mai incontrarla, scambiando con lei messaggi in chat per quattro anni.
Quando Tommaso Pincio racconta di aver basato parte della sua opera su un fatto che l’ha coinvolto personalmente, e cioè la corrispondenza con una persona di cui non ha mai conosciuto l’identità perché poi scomparsa e dal profilo inattivo, non c’è bisogno di credergli. Il suo racconto ci farebbe pensare a quante volte abbiamo immaginato di dare di noi una versione ritoccata su internet e di quanto, in fondo, lo facciamo ogni giorno.
Tolta la fisicità la si emula con le foto su Facebook e su Panorama che, in più, richiede all’utente una telecamera sempre accesa fissa su un qualsiasi punto della casa. Insomma possiamo barare come ci pare e piace trasformando il computer in uno specchio delle nostre brame, pronto a mostrarci di noi solo quello che vogliamo vedere.
Tolta l’oralità, la narrazione dell’io recupera la scrittura incrociandola con la comunicazione verbale, fino a creare un ibrido:
Assimilava i messaggi che scriveva su Panorama a una forma tecnologicamente avanzata di oralità, una comunicazione in bilico tra un lungo telegramma e una telefonata, estranea alla scrittura come lui l’aveva sempre intesa e paventata.
Questo agli inizi, s’intende. Col passare del tempo, la sua percezione finì per somigliare a quella degli altri umani del suo tempo. Si rese conto che stava scrivendo perché la scrittura come lui l’aveva sempre intesa e paventata era morta e sepolta, soppiantata dalla cosa fluida che lo aveva irretito: la connessione istantanea e costante a un magma di presenze e informazioni.
(Panorama, pag 30)

Tutto si risolve in un messaggio flusso di coscienza, spesso più flusso senza coscienza, prodotto da qualunque individuo alfabetizzato. La scrittura smarrisce la sua radice, “l’incidere”, e, insieme alla digitalizzazione di informazioni e supporti, perde la connotazione di poter durare nel tempo. Si passa dalla carta al digitale e tutto quel rapporto sensitivo con la scrittura (e la lettura?) viene sostituito dai bit e si riassume in una sensazione ben precisa: gli stati sui social, i messaggi nelle chat, anche se memorizzati dal sistema, sono fatti per durare un battito di ciglia:
L’abitudine alla carta gli impediva inoltre di immaginare che i suoi messaggi avrebbero avuto una vita ulteriore. Non riusciva a concepire che potessero persistere nel tempo. Nonostante gli apparissero in perfetto ordine cronologico tutte le volte che andava su Panorama e lanciava il programma di messaggistica testuale, seguitava a pensarli come un’entità volatile, verbale, un’evocazione della sua mente, quasi che il computer fosse un’estensione della sua persona e non un semplice sistema esterno che memorizzava tutto di lui, ogni sua digitazione, ogni sito che visitava, ogni foto che salvava, ogni singolo secondo che trascorreva sorvegliando il letto di Ligeia Tissot.
(Panorama, pag 30-31)
È così anacronistico parlare di rivoluzione di internet che anche il libro di Pincio sembra soffrirne, proprio perché Tondi viene dal mondo che c’era prima. Dalla sua vista fatta ancora di tempo per voltare le pagine, si osserva il mondo com’era e com’è diventato percorrendo questo gap con la lentezza persa in molte delle abitudini quotidiane.
Si scrive molto più che in passato, per esempio, ma lo si fa soprattutto digitando o battendo sulla tastiera. Controllare la mano che scrive su un foglio e usare le dita o le due mani sono azioni cognitive ben distinte. Nella maggior parte dei casi, poi, i messaggi da scrivere sono brevi, tanto da intaccare anche la scrittura tradizionale che sul web si costruisce di frasi brevi evitando subordinate e costruzioni più complesse.
Una rivoluzione del genere tocca anche i mondi che non gli competono, come quello dei libri. Ma di questa rivoluzione non si parla perché è chiaro che quando si dice libro, per Tondi è scontato intenderlo come un mondo chiuso, da infarcire di citazioni che gli calzano a pennello persino nell’atto egoistico di un incontro erotico.
Si parla però del dopo, di un mondo che conteneva in potenza tutte le possibilità di recuperare la pratica di leggere e addirittura di scrivere (e in parte è così). Tuttavia i social network e, più in generale, il popolo del web vivono in una continua esaltazione parossistica che spesso sfocia in una ghigliottina mediatica. La diversità, la novità del diverso, sul web viene inglobata nel giro di pochi commenti e diventa subito moda.
Chissà per quali vie e chissà perché, qualcuno aveva ripescato una vecchia polemica sull’opportunità di assegnare premi letterari ad autori dall’identità incerta. Tondi non poté trattenersi, intervenne e la sua opinione venne contestata all’istante. Lui tentò una replica, cercò di spiegarsi meglio, ma a quel punto le obiezioni persero qualunque logica, alcuni tirarono in ballo questioni che non c’entravano nulla, altri fecero battute di spirito anch’esse fuori tema, finché qualcuno non si rese conto che Ottavio Tondi era Tondi il lettore e si passò agli attacchi personali.
(Panorama, pag 151)
Panorama farebbe scrivere una recensione che non parla del libro, ma di cosa dice e di quanto è importante che lo dica. Perché l’apertura dell’opera, che recita: Per volontà dell’autore, questo libro è disponibile esclusivamente in edizione cartacea, non comunica la volontà di arroccarsi su posizioni così radicali per suscitare scalpore, ma esprime un forte credo nel segno stampato che, per quanto possa essere digitalizzato, è ancora il più efficace per perdurare nel tempo.
Se dovessi scrivere una recensione parlerei della visione più lucida che mi sia capitato di leggere sulla rivoluzione della comunicazione. È un compendio per scoprire cosa abbiamo perso e cosa abbiamo guadagnato mentre siamo coinvolti nella velocità di cui tanto si parla.
Le parole si intrecciano tra loro in un modo così spontaneo da far pensare che l’opera sia nata da sé, che esisteva nell’universo delle storie e aspettava solo il modo giusto di essere raccontata.
E poi la scrittura di Tommaso Pincio richiede una lettura partecipata e quello stesso amore di vivere vite altrui che ogni lettore, in fondo, brama.
Editore: NN Editore
Anno: 2015
Pagine:198
Prezzo: € 13
[…] Pincio, Panorama, NN Editore, 2015, p. […]
[…] Panorama è l’ultimo romanzo di Tommaso Pincio ed è una storia necessaria. Necessaria perché nessuno aveva proposto un’analisi così spietata ma sincera, nella sua pacatezza, della realtà virtuale. Non intendo il mondo dei giochi, ma quello che apriamo ogni giorno da circa otto anni a questa parte. I social network, ormai spazi che emulano la tridimensionalità con stadi separati: le altezze e le larghezze sono alterate dalle foto sgargianti, gli spazi sono occupati dalla scrittura a metà tra il parlato e il flusso di coscienza. E ancora, le battaglie si combattono a suon di odio insensato nella giungla di Internet. Il protagonista, il lettore puro Ottavio Tondi, fa parte di un mondo più sensibile ai cambiamenti, quello dei libri. […]