Titolo: Misery
Autore: Stephen King
Edizione: Sperling & Kupfer
Pagine: 382
Prezzo: 9,90 €
Trama
Paul Sheldon, autore di bestseller, ordina una bottiglia di Dom Pérignon. Festeggia perché ha appena terminato di scrivere il suo romanzo. Festeggia anche perché si è liberato di Misery Chastain, la protagonista che ha fatto morire nell’ultimo romanzo di una serie che gli ha regalato la fama. Preso dall’entusiasmo, salta sulla sua Camaro con la sola idea di dirigersi verso ovest. Tuttavia, una bufera di neve lo coglie di sorpresa e ha un rovinoso incidente. Anne Wilkes lo tirerà fuori dalle lamiere, ma quella che a prima vista sembra una ex infermiera ospitale e premurosa si rivelerà essere una carceriera malata di mente.
Analisi
A mano a mano che leggo i romanzi di Stephen King, capisco le ragioni del suo successo: la sua è una scrittura chiara e semplice, tanto che ogni espediente usato per la trama non rivela alcuna sbavatura. La lettura è scorrevole, ma non per questo “leggera”. Avere tra le mani un libro di King è un buon modo per astrarsi dalla realtà e magari vestire i panni di Paul Sheldon. Con lui, per tutto il romanzo, saremo segregati in una stanza, con la sensazione claustrofobica trasmessa non solo dall’ambiente che lo circonda, ma anche dal suo stesso corpo, imbottito di medicinali e costretto a letto con le gambe fratturate.
All’inizio il romanzo procede con lentezza, come a voler rendere l’idea della difficile riabilitazione del protagonista, poi il giorno e la notte tornano al loro posto ma a sconvolgerli sarà la sua carceriera, “l’ammiratrice numero uno”: Anne Wilkes.
Avete mai odiato uno scrittore per aver ucciso uno dei vostri personaggi preferiti? Ricordate la sensazione? Ecco, ora portate questa sensazione fino alle sue estreme conseguenze e forse solo a quel punto potrete avere idea di quanto Anne sia fuori di testa.
Il personaggio di Paul è più semplice, anche se subirà un’evoluzione, com’è comprensibile che accada. Nuove reazioni e sfumature di carattere rispondono ai soprusi, sempre più inquietanti, di Anne. È un egoista, vigliacco e un bugiardo, una figura molto lontana dal romanticismo che avvolge uno scrittore di bestseller e questo rivela quanto il suo mestiere non gli dia più stimoli. Paradossalmente Anne non sarà soltanto il suo incubo ma anche la sua medicina: il suo amore morboso per i libri di Misery Chastain l’ha resa un’abile critica e non mancherà di impartire a Paul delle lezioni sulla trama (naturalmente, a modo suo).
King alterna la narrazione onnisciente con la focalizzazione interna senza farci avvertire la minima stonatura tra i due modi di scrivere. Scommettere solo su due personaggi è rischioso perché li si deve sviluppare in modo coerente e opportuno. Non l’avrei mai detto, ma per gestire la schizofrenia di Anne ci vogliono allo stesso tempo follia e razionalità. Capacità che, forse, King aveva all’epoca della dipendenza da droga e alcol: è come se Anne fosse la sua coscienza che da un lato lo punisce e dall’altro gli regala dei lavori splendidi.
Misery non deve morire (1990)
Neanche i film riescono a uguagliare la mole di opere prodotta da Stephen King. Tuttavia la trasposizione delle sue opere ha sempre avuto grande successo: è merito suo o dei registi? Di certo la fama di Re del brivido aiuta, se poi aggiungiamo registi, sceneggiatori e attori che riescono a conservare le atmosfere dei libri, il successo è garantito. Questo si è verificato anche per Misery non deve morire, pellicola del 1990, diretta da Rob Reiner.
A interpretare Paul Sheldon c’è James Caan, attore che vanta una lunga carriera e che è diventato famoso per aver interpretato il figlio di Don Vito Corleone ne Il padrino. L’attore riporta a pieno il personaggio di Sheldon: uno scrittore spaccone e sicuro di sé, più interessato a far soldi che a inseguire la propria vena letteraria. A rimetterlo in riga c’è Katy Bathes che veste i panni di Anne Wilkes. Vi capita di costruire un cast per un libro che avete appena letto? E vi dite che sì, quell’attore sta proprio bene in quel ruolo, che sembra plasmato sulla sua persona. È quello che è successo a me con Anne: per me aveva l’aspetto della Bathes. Non è un caso che l’attrice abbia vinto anche il Golden Globe e l’Oscar come miglior attrice protagonista.
L’aggiunta dei personaggi di Richard Farnsworth (Buster) e Frances Sternhagen (Virginia), poteva far storcere il naso, perché rispetto al libro la loro presenza era inutile. Invece Anche l’aggiunta dei due ha avuto un suo perché nella pellicola, senza che manchi il colpo di scena.
Le piccole modifiche al libro non hanno rovinato l’intero, gli hanno invece conferito una propria identità, l’impronta del regista. A Hollywood è ormai considerato un grande regista tanto da essere entrato nella Walk of Fame, grazie alle collaborazioni con molte star, come Demi Moore, Tom Cruise, Morgan Freeman, Jack Nicholson, Bruce Willis, Kevin Costner e tanti altri.
Forse ricorderemo Reiner per la commedia romantica Harry ti presento Sally (1989), ma tre anni prima aveva già collaborato con Stephen King per Stand by me – Ricordo di un’estate, tratto dal racconto Il corpo contenuto nella raccolta Stagioni diverse. Un buon regista sa come non prendersi troppo sul serio, così ha fatto Reiner quando nel 1987 uscì La storia fantastica, una parodia dei fantasy e delle fiabe che (sarà perché l’attore protagonista è lo stesso) mi fa venire in mente Robin Hood – Un uomo in calzamaglia (di Mel Brooks, 1993).
Grazie al successo dei suoi film Reiner fonda la Castle Rock Entertainment (il nome è quello di una città immaginaria inventata da Stephen King), con la quale produrrà Misery non deve morire. A offrire un notevole apporto alla trasposizione è lo scrittore e sceneggiatore William Goldman, che ha vinto due premi Oscar per la migliore sceneggiatura (per Butch Cassidy nel 1970, e per Tutti gli uomini del presidente nel 1977).
A differenza di molti film tratti da libri, Misery non deve morire omaggia l’opera di Stephen King e fa di più: lo rende un classico del thriller indimenticabile.
Castle Rock è la città vicina a Chester’s Mill, cittadina sotto la cupola del libro (e poi telefilm) Under the dome che sto leggendo ora! Decisamente un libro accattivante! Di King ho letto:
– Le notti di Salem: un libro di vampiri che non è come i soliti libri sui vampiri
– Carrie: ho visto anche il film con un giovanissimo John Travolta, merita
– L’occhio del male
– Pet Sematary: ho visto anche il film… un po’ splatter devo dire, classico blockbuster
– I primi 4 libri della serie La torre nera: mia madre l’adora, io l’ho mollato perché noioso a dire il vero
Credo che mia mamma abbia tutta la sua bibliografia a casa, anche quelli sotto pseudonimo e quelli scritti a quattro mani!
Wow! Sei fortunata! Terrò presente tutti i tuoi consigli 🙂 io purtroppo ho letto ancora troppo poco di King, ma spero di recuperare!
beh ti dirò, all’inizio non mi faceva impazzire mr. king, specialmente la torre nera, adorata dai fan, io la trovo noiosissima, infatti non l’ho mai portata avanti… under the dome invece è molto accattivante, mi piace anche come è scritto, con un capitolo generico e ogni sottocapitolo visto dal punto di vista di un personaggio diverso… è interessante
Bellissimo libro e devo dire che il film non è affatto male!!!!
Cara ti aspetto nel mio ultimo post!
Un bacione e a prestoooo
Luna