Per volere dell’autrice, nell’edizione inglese di L’una e l’altra l’ordine delle due storie contenute si alterna. Qualche lettore poteva trovarsi a leggere la parte ambientata nel Quattrocento, qualche altro quella ambientata ai giorni nostri senza che questo minasse la riuscita del romanzo. Fondamentalmente perché le due storie sono indipendenti l’una dall’altra, anche se collegate da una sottile corrispondenza.
In una si legge l’autobiografia immaginata di Francesco del Cossa, artista di cui si conosce poco se non fosse per gli affreschi del palazzo Schifanoia a Ferrara. La Smith reinventa la vita del pittore attraverso il racconto di un fantasma che ricorda, tra l’infanzia iniziata da donna e la crescita avvenuta da uomo per portare avanti il suo sogno artistico. Nella seconda parte la protagonista George (Georgia) deve vedersela con una lenta elaborazione del lutto della madre.
Il flusso di coscienza di Francesco del Cossa degrada fino al racconto della vita ma si muoverà continuamente tra sfumature dei ricordi e un presente fittizio da anima in contemplazione. Ben prima di scoprirne l’identità, il personaggio s’impone attraverso uno stile assolutamente peculiare. La traduzione di Federica Aceto mantiene la coerenza filologica, ma la narrazione slega la prosa da qualsiasi regola stilistica. La lega, invece, a una scrittura personale, ornata di salti temporali e di segni di punteggiatura che assumono il significato di pause. La personalità del personaggio si crea prima di tutto con pensieri e riflessioni artistiche, in quello stile tipico del destinare ai posteri attraverso una scrittura autoconsapevole:
Un dipinto il più delle volte non è altro che un dipinto : ma capita ogni tanto che sia qualcosa di più : guardai i volti alla luce delle torce e vidi che erano volti di fuggiaschi : si erano liberati dal mio giogo e dal muro che li aveva fatti e tenuti prigionieri e si erano liberati anche da loro stessi.
Mi piace molto l’idea di un piede, per esempio, o una mano, che supera il bordo del quadro e della cornice uscendo nel mondo al di là del dipinto, perché un dipinto è una cosa reale nel mondo e questo spostamento serve a sottolineare tale realtà […]
(Ali Smith, L’una e l’altra, traduzione di Federica Aceto, Edizioni Sur, 2016, p. 110)
L’immagine di una videocamera di sorveglianza introduce la seconda parte. George inseguirà la figura sbiadita della madre che darà inizio a ricordi di un genitore non sempre perfetto, stravagante, a tratti sconosciuto e inconoscibile da parte della figlia.
Osservare e sorvegliare i due protagonisti più citati per L’una e l’altra mette in risalto rispettivamente la peculiarità della visione di un artista, nel caso della prima parte, con il bombardamento di immagini provenienti dal web, tipico del tempo di George. Il paradosso della contemporaneità è svincolarsi da qualsiasi osservare approfondito. Quando George promette a se stessa di guardare ogni giorno il video porno con la ragazza indifesa e obbediente, è una strana risposta al vuoto lasciato dalla madre e un impegno al non dimenticare all’interno di un corso inarrestabile.
Ma così facendo, come a volte succede quando si cerca di catturare l’immagine di qualcuno in pittura, non appena li ebbi dipinti nella pelle dell’affresco, smisero di essere persone che conoscevo : ciò che succedeva specialmente colore azzurro che stava a indicare il cielo, il posto tra gli dei della terra.
(Ali Smith, L’una e l’altra, traduzione di Federica Aceto, Edizioni Sur, 2016, p. 109)
Le cose svaniscono a un certo punto?, dice la madre. Le cose che sono successe non esistono più, o smettono do esistere, solo perché noi non le vediamo succedere davanti ai nostri occhi?
(Ali Smith, L’una e l’altra, traduzione di Federica Aceto, Edizioni Sur, 2016, p. 248)
Le immagini con una storia hanno personalità, sono accadute ed esistono a prescindere dall’uomo che ne ha conoscenza. Le immagini accadute a raffica continueranno a essere ignorate, diventando l’una (essere) e l’altra cosa (non essere).
La madre di George, dall’identità sempre anonima anche da attivista politica dietro i pop up sul web, si sente vista per la prima volta quando inizia a frequentare la misteriosa amica e presunta spia. Se c’è un desiderio più urgente quello è l’essere notati, l’essere in grado di fermare il tempo di qualcuno per approfondirsi a vicenda.
Ali Smith manda un messaggio chiaro, pensato alla perfezione nella prima parte, più fiacco nella seconda. Sceglie di concentrarsi sui frequenti flashback di George e dissemina la storia di indizi, più allusivi ma frammentati e poco approfonditi. La spy story accennata è solo un accessorio, non così importante per l’intera vicenda mentre anche i ricordi di George restano vaghi, animati da una nebbia che poco lascia trasparire per identificarsi con la vicenda. Nel complesso Ali Smith ha intuizione nel collegare la storia al presente attraverso l’approccio di chi non conosce tempo senza le fotocamere. Invece di suggerire alcuni collegamenti, come le citazioni ai social network e alla cultura dell’immagine, avrei preferito l’approfondimento oltre il riferimento, non un accenno che lascia il lettore al punto di partenza.
La scrittrice scozzese mi ha convinto a metà, anche se dimostra come ci sia una risposta a quanto accaduto negli scorsi anni. Solo ora gli scrittori si stanno cimentando nel raccontare la rivoluzione comunicativa ed è chiaro che bisogna trovare stili e modi per trasmetterla al meglio.
Autore: Ali Smith
Traduzione: Federica Aceto
Edizione: Sur
Anno: 2016
Pagine: 311
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