Edizione: Newton Compton
Anno: 2012
Pagine: 480
Prezzo: 4,90 €
L’autore: Howard Philips Lovecraft
Howard Philips Lovecraft ha proseguito la tradizione horror lasciata in eredità da quello che considerava un modello per le sue storie: Edgar Allan Poe. La mia conoscenza dell’intera produzione letteraria dello scrittore è incompleta, ma uno dei pregi di leggere raccolte di racconti è poter compilare una sorta di linea cronologica dove individuare i punti salienti della produzione letteraria e ricostruirne le metamorfosi. Se volete una preparazione completa sulle storie dell’autore vi consiglio il Mammut dove sono raccolti romanzi, racconti e saggi.
Lovecraft non ebbe un successo immediato, al contrario condusse un’umile esistenza pubblicando i suoi componimenti su Weird Tales, una rivista di racconti horror e fantastici. Al suo tempo, Lovecraft aveva una sequela di “fan”, ma soltanto dopo la morte la sua produzione letteraria venne notevolmente rivalutata.
La vita dello scrittore influenzò profondamente le sue opere. Eppure quando gli venne chiesto di scrivere un’autobiografia, egli ammise che la sua esistenza in realtà era stata pressoché monotona. A raccontarci di più della sua vita ci sono le circa 100.000 lettere che Lovecraft inviò a una vasta gamma di corrispondenti e che spesso stupì per la sua vasta conoscenza. L’infanzia la passò nella casa dove era nato, per un distorto istinto materno. La madre non lo faceva uscire di casa e preferì dargli un’educazione grazie a insegnanti privati. Era uno dei sintomi che annunciava che anche lei sarebbe morta in manicomio, proprio come il marito che morì cinque anni dopo essere stato internato, quando Lovecraft aveva otto anni.
Per saziare la curiosità di bambino, rinchiuso in una grande villa nelle campagne di Providence, realizzò un’istruzione letteraria da autodidatta. Dapprima s’innamorò delle fiabe dei Grimm, poi de Le Mille e una notte e in seguito della mitologia greca e romana. Un’infanzia strana, spazzata via dall’influenza della madre, senza amici, che lo segnò per tutta la vita.
I racconti
Il processo creativo ha un significato diverso per ogni scrittore. Per Lovecraft la scrittura è stata un modo per esorcizzare i demoni interiori e creare un universo parallelo dove collocare gli abomini che popolavano la sua testa. Può chiarirlo una lettera in cui l’autore racconta l’atmosfera che c’era nella sua casa quando morì la nonna materna, un’atmosfera che agli occhi di un bambino era austera e angosciosa, tanto traumatica da fargli inventare i Night Gaunts (Magri Notturni), delle figure nere, magre, rugose, con code lunghe e pelose, ali da pipistrello e nessuna traccia di un volto, che negli incubi lo inseguivano per poi trafiggerlo.
La maggior parte dei personaggi di H.P.Lovecraft ci ricordano Ulisse: sono individui colti che, nonostante la loro vasta cultura, hanno il desiderio di impossessarsi di conoscenze proibite che esulano da quella propriamente umana. Per esempio ne Il tempio, Karl Heinrich è inspiegabilmente affascinato dai misteri del mare nonostante stia andando incontro una morte certa, a causa dei guasti nel suo sottomarino.
Spesso è la scienza a farsi avanti per spiegare misteri insondabili, mettendo però a repentaglio la vita di chi si dedica alla disciplina. Ne L’ultimo esperimento di Clarendon la brama di conoscenza del famoso dottor Alfred Clarendon, lo portano a esplorare persino la dimensione del male, senza che questi però possa controllarla. In qualche modo il Male riesce a penetrare nella realtà attraverso gli scienziati stessi come in Herbert West, rianimatore, racconto a puntate dove un abile studente di Medicina sviluppa un siero per resuscitare i morti.
Alcuni personaggi non sono altro che la sua trasposizione in mondi paralleli, a dimostrazione che la scrittura è una fedele compagna per esorcizzare le vicende della vita. Così, oltre a immaginare un universo popolato da orrori come le città Kingsport e Arkham, ne L’estraneo ci ritroviamo a specchiare l’immagine distorta dello scrittore e ne ripercorriamo l’infanzia: vissuta in un’atmosfera cupa, tra i libri e la solitudine e poi, spinti dalla curiosità, scaliamo insieme al protagonista la misteriosa torre del castello per scoprire un nuovo mondo.
Tema portante della narrazione è anche il destino a cui i personaggi non possono sottrarsi sia che si tratti di un fato che si portano dietro quasi nel DNA, a causa di reati di cui sono macchiati gli antenati e che compieranno inevitabilmente anche i discendenti (I ratti nei muri), sia che si tratti di sconfiggere un male sconosciuto (La casa evitata).
Lo stile di Lovecraft è prolisso, estremamente preciso (quasi maniacale) e ricco di aggettivi che aiutano una scrittura incentrata più sulle sensazioni che sulle immagini. Proprio questa è la forza dello scrittore che, attraverso la descrizione minuziosa delle sensazioni soggettive dei protagonisti, mescola la realtà alla finzione e fa creare nella mente del lettore rappresentazioni personalizzate dei suoi mostri.