Consacrare un autore a classico della letteratura è un processo sconosciuto. Stratificazioni critiche e successo di pubblico plasmano continuamente l’entità dell’opera ed è forse nel continuo ritorno all’opera dello stesso autore, all’attribuzione di significati nuovi – senza forzature – che si attua un processo tra il rinnovamento e l’origine. Credo però che anche nelle opere secondarie e nei piccoli frammenti disseminati qua e là si possa riconoscere la grandezza di un autore.
A me è successo con Lalla Romano e i suoi Due racconti che raccoglie in un’unica edizione Un caso di coscienza e Ho sognato l’Ospedale, pubblicato da Edizioni Lindau. L’inclusione di due componimenti lontani temporalmente e diversi nella storia raccontata è utile a ricercare alcuni punti in comune che li legano reciprocamente. Prima di tutto la forma del racconto che è animato da altre regole stilistiche rispetto a quanto avevo già detto per Pralève e altri racconti di montagna. Nei due racconti ora pubblicati la Romano costruisce una matrioska di frammenti: brevi scorci narrativi di una pagina o due procedono a un ritmo sincopato, quasi telegrafico. «Il principio fu questo: la telefonata. Primo pomeriggio, io a letto, dormo; il telefono – sul comodino – mi scuote» così inizia Un caso di coscienza, il racconto di una vicenda che coinvolge un’insegnante collega dell’autrice. Ma le continue lacune dei cambi di scena riescono lo stesso a comporre una storia completa, persino più efficace di quanto non sarebbe stata l’estensione romanzesca.
Come in Pralève, dove i personaggi emergevano dalla pagina in una costruzione graduale, con pochi tratti distintivi, anche in Un caso di coscienza tutti i protagonisti sono il risultato di pennellate brevi e complete: «Mi piacque subito la sua aria da ragazza. Il suo viso era di quelli che io chiamo del tipo “uccello”: vivo, mobile, occhi penetranti» oppure «Ritrovavo in lei il fascino di qualcosa di rischioso».
In entrambi i racconti si riconosce l’esercizio di un doppio tempo narrativo: da un lato il presente dei fatti, dall’altro l’esercizio della memoria. È proprio quest’ultimo ad alimentare quella frammentarietà che diventa sogno in Ho sognato l’Ospedale. La diegesi dell’opera diventa tutt’uno con l’esperienza e la realtà raccontata. Il grande merito della Romano è trovare il ritmo narrativo, l’equilibrio adatto tra avvenimento e riflessione che traduce e adatta nella scrittura quanto accaduto realmente. I vuoti dell’esperienza di chi legge sono colmati da una prosa a tratti poetica che, soprattutto in Ho sognato l’Ospedale, indugia nelle profondità del tempo reale e del tempo del racconto. Il periodo di degenza all’ospedale da parte dell’autrice analizza ogni particolare dell’esperienza anonima con la peculiarità dell’esperienza personale. I bagni delle donne, per esempio, diventano l’anticamera di un bisogno mai considerato: il recupero dell’indipendenza, dell’autonomia e la sicurezza della solitudine. Il primario di una bellezza esotica è il risveglio di una civetteria nascosta, di donna.
Tutto è contrassegnato da due intenti nella scrittura della Romano che vengono chiariti rispettivamente all’inizio di Un caso di coscienza e alla fine di Ho sognato l’Ospedale:
Non mi aspetto gran penetrazione nei resoconti e poi rifuggo dal «troppo umano». Le storie non mi interessano. Eppure so che solo le piccole storie esistono.
(Lalla Romano, Un caso di coscienza in Due racconti, Edizioni Lindau, 2017, p.18)
Sono qui da giorni. Quanti? Assolutamente essenziale – e straordinaria – è l’esperienza che si impone nell’Ospedale: quella del tempo. Forse si dovrebbe definirlo con un altro termine. Non è che scorra, ma ritorna sempre uguale con ritmo costante, così che sembra “senza tempo”[…] E adesso penso: non è anche la forma di ogni racconto, in qualche modo “estremo”? E tale non deve essere ogni racconto?
(Lalla Romano, Ho sognato l’Ospedale in Due racconti, Edizioni Lindau, 2017, p. 98)
Dichiarazioni d’intenti di una teoria letteraria: l’attenzione al racconto di piccole storie, anche quotidiane in grado, però, di essere sollevate dai semplici fatti e di diventare spettro di riflessioni più grandi. Per la seconda citazione il tempo della narrazione è un tempo “estremo”, il termine ultimo di un orizzonte che raramente si tocca in una singola vita. Ancora una volta Lalla Romano conferisce ai racconti il compito di sollevare il velo della superficialità e di penetrare, anche partendo da un punto di vista personale, nel significato altro delle cose.
Titolo: Due racconti
Autore: Lalla Romano
Editore: Lindau
Pagine: 120
Acquista su Amazon: