Il recinto dei Berglund è uno dei tanti confini che li separa dagli occhi del vicinato, occhi avvezzi alle apparenze, ipocriti nativi. Walter e Patty, però, rappresentano un nuovo tipo di borghesia americana che si autodetermina tagliando i ponti con i padri.
Walter, di famiglia umile, con un padre alcolizzato avulso a qualsiasi tipo di elevazione culturale che gli fa ripudiare il figlio a causa della sua voglia di distinguersi.
Patty è cresciuta nell’indifferenza di una buona famiglia repubblicana, tra le ansie e i giudizi altrui e la negligenza dei genitori – e questo le servirà per sviluppare una personalità egoista, tendente all’autocommiserazione e dall’inadatto senso dell’umorismo.
I due coniugi hanno l’occasione di costruire una famiglia educando i figli, Joey e Jessica, secondo i canoni liberali, qualunque essi siano.
Nel capitolo che apre Libertà di Jonathan Franzen, la visione dei vicini dei Berglund ne restituisce un’immagine insoddisfacente, che si articola in una melodia di voci e pettegolezzi, come se stessimo guardando un reportage dove s’intervistano i testimoni dopo una catastrofe.
La presenza di Walter è a dir poco marginale e passiva, quella di Patty sembra anticipare il desiderio del lettore di saperne di più. E infatti, il capitolo seguente riporterà Sono stati commessi degli errori, l’autobiografia che l’analista ha consigliato di scrivere alla paziente Patty.
In un’alternanza tra vita privata e pubblica, Franzen comunica un interesse profondamente realista nella costruzione dei personaggi. Lo fa usando una prosa minuziosa fitta di lunghi paragrafi, ognuno dei quali ricco di nuove combinazioni di parole per una nuova sfaccettatura del personaggio.
Complementi
A sradicare Libertà dalla banalità di una trama basata su un triangolo amoroso, concorre la mole di intrecci e storie che compongono l’epopea famigliare del Berglund.
Ci sono salti cronologici che fanno scoprire le origini di Patty, la sua carriera agonistica, l’incontro con gli uomini della sua vita: Walter, un secchione fuori dal comune perché geniale, appassionato di musica, di spirito di sacrificio e di idee politiche innovative, come la battaglia contro la crescita demografica; Richard Katz, quello che nei party in spiaggia scopa sicuramente solo per il fatto di suonare una chitarra, ma intellettualmente devoto a Walter in un rapporto al limite dell’equivoco.
Parlando di Walter, lui è forse l’erede di una rabbia antica quanto il nonno svedese – che dopo gli anni di disprezzo per la madrepatria passerà a un odio insensato per aver goduto la libertà della patria che lo ha accolto: «La personalità incline al sogno di una libertà senza limiti è anche propensa, nel caso in cui il sogno si infranga, alla misantropia e alla rabbia.» – e delimita sin dal college la propria libertà riempiendola di ideali.
Joey, l’unico che troverà redenzione dopo le convinzioni e le illusioni adolescenziali, dopo essere fuggito di casa e aver sposato l’amore della sua vita. E poi la sorella Jessica, la figlia prodigio di Patty e Walter, il cui ritratto verrà lasciato abbozzato quasi come se fosse l’unica a salvarsi dalla sregolatezza altrui.
Parlare di altri personaggi sarebbe impossibile perché la narrazione procede su più punti di vista ed è quasi un blocco unico, come se non avesse bisogno neanche della divisione in capitoli.
Le sorti di ogni personaggio sono, perciò, imprevedibili, perché si determinano in base alle visioni e alle reazioni a vite altrui.
Allo stesso modo, lo sviluppo dei protagonisti è reso così reale che vale la pena analizzare le fasi della loro evoluzione con l’aiuto di accostamenti complementari.
Walter, il progressista al college, il venduto nella vita adulta, che sacrifica persino le proprie idee per amore – contribuirà alla crescita demografica e accetterà una donna che rifiuta il femminismo e accoglie la casalinghitudine – contro il figlio Joey, fedele ai suoi ideali fino a quando questi non intaccheranno morale, traditore in amore, ma fedele al timore di diventare come i genitori.
La differenza principale tra i due è l’abilità di commettere errori e di porvi rimedio. Mentre il padre si fa coinvolgere in affari con una società mineraria che solo in seguito alla rimozione delle cime delle montagne costruirà un’oasi per la protezione di un’unica specie di uccello, il figlio, anche se crede di dare un contributo concreto alla guerra in Iraq, non sarà accecato dalla smania di libertà.
E poi Patty contro Jessica: la prima insicura, nevrotica, in uno stato che oscilla tra la depressione e il vittimismo; la seconda fredda e responsabile, padrona della sua vita. Ma anche Patty contro Lalitha che sacrifica la sua vita per un piano più grande, contro la passività politica della sua rivale in amore.
Come già detto l’entità dei personaggi si fa solida, quasi tridimensionale attraverso pulsioni, pensieri e azioni. La varietà di trovate linguistiche è tale da far scorgere noi stessi in molti dei loro aspetti, in maniera spesso preoccupante.
Fino a quando della trama non interesserà la fine, piuttosto l’eloquente imprevedibilità suggerita da un impressionante apparato di personalità.
Il dentro e il fuori
Tra i protagonisti del romanzo ce n’è una che non passa indifferente sulle loro vite pubbliche: libertà ha un significato diverso per una famiglia della nuova borghesia.
La libertà dell’uno non finisce dove inizia quella dell’altro, ma travalica i confini delle responsabilità famigliari e sociali per invadere lo spazio dell’ideologia.
La libertà privata di Patty rimarrà indeterminata per buona parte del romanzo. Lei che sceglie di essere la madre che non ha mai avuto, lei che della libertà di amare sa poco visto che a contare è un senso di vittoria stranamente insistente, nonostante il vittimismo.
Da dove veniva, quell’autocommiserazione? In dosi così massicce? Patty viveva un’esistenza invidiabile da quasi tutti i punti di vista. Ogni giorno aveva a disposizione l’intera giornata per escogitare un modo di vivere dignitoso e soddisfacente, eppure tante possibilità di scelta e tanta libertà sembravano solo renderla più infelice. L’autobiografa è quasi costretta a concludere che si compativa proprio perché era libera.
(Jonathan Franzen, Libertà, traduzione di Silvia Pareschi, Einaudi, 2014, p. 209)
La libertà di che Walter cerca di respirare realizzando i sogni politici giovanili anche se pronto a sacrificare parte delle sue fissazioni ambientali per utilizzare soldi sporchi e portare avanti la campagna contro la sovrappopolazione. La libertà degli ideali l’ha accecato facendogli mancare il bersaglio, mandando a rotoli un matrimonio e l’amore diventa un sentimento disinteressato che una volta provato, Walter è convinto, si autoalimenta.
Joey della sua libertà ne ha pagato le spese: fuggito di casa, sposa l’amore della sua vita che non riesce a lasciare, iscritto all’università per entrare a far parte di quelli che secondo i suoi genitori sono i “cattivi”. Della libertà Joey non si accorgerà se non quando scorgerà l’inizio della vita adulta, il significato di responsabilità e conseguenze.
Freedom è anche parte di Operazione Enduring Freedom, con la quale il governo americano identifica la campagna militare contro i talebani in Afghanistan dopo l’11 settembre 2001.
La guerra rimane una presenza lontana e constante, che si affaccerà sulla vita dei protagonisti sollevando la reale insensatezza di proclamarsi repubblicano o liberale in un momento del genere.
Connie faceva tutto il possibile per rientrare nelle grazie di sua madre, tranne l’unica cosa che avrebbe funzionato, e cioè smettere di vedere Joey. Era una pura di cuore, e sua madre la disprezzava. Quell’ingiustizia era un’altra ragione per cui Joey l’aveva sposata.
Quell’ingiustizia, per vie un po’ traverse, era servita anche ad avvicinarlo al Partito repubblicano. Sua madre snobbava Carol e Blake, e se la prendeva con Connie solo perché viveva insieme a loro. Dava per scontato che tutte le persone sensate, compreso Joey, la pensassero allo stesso modo sui gusti e le opinioni dei bianchi meno privilegiati di lei. Joey apprezzava i repubblicani perché non disdegnavano gli altri, come invece facevano i democratici progressisti. Odiavano i progressisti, certo, ma solo perché i progressisti li avevano odiati per primi.
(Jonathan Franzen, Libertà, traduzione di Silvia Pareschi, Einaudi, 2014)
Tipi umani da non incolpare per l’indifferenza perché circondati da esempi peggiori. Come lo spettro di conflitti inutili perché immaginari e potenzialmente infiniti, come il fanatismo degli internauti e la loro capacità di distorcere la realtà delle opinioni.
Era stanco di viaggiare, e oppresso dal pensiero che la brutta rabbia del paese non fosse altro che un’eco amplificata della sua, e che il suo risentimento personale nei confronti di Richard avesse privato Spazio Libero di una più ampia base di sostenitori, e che sarebbe stato meglio destinare i soldi di Joey a un’associazione abortista.
(Jonathan Franzen, Libertà, traduzione di Silvia Pareschi, Einaudi, 2014, p. 569)
O le nuove generazioni affiliate a intrattenimenti più eloquenti del fervore politico.
Perché migliorare il mondo è cool, giusto? E la Apple si impegna senz’altro molto più degli altri, perché gli iPod sono molto più cool degli altri lettori mp3, ed è per questo che costano molto di più e sono incompatibili con il software delle altre aziende, perché…be’, a dire il vero non è molto chiaro perché, in un mondo migliore, i prodotti più cool debbano portare i profitti più osceni a un minuscolo numero di abitanti di questo mondo migliore. Potrebbe essere il caso di fare un passo indietro e guardare le cose in prospettiva, per accorgerti che è il fatto stesso di possedere un iPod a rendere il mondo un posto migliore. Ed è questo che trovo così rigenerante, nel Partito repubblicano. Il compito di decidere come sarà un mondo migliore è lasciato all’individuo. […]
A noi interessa scegliere quello che NOI vogliamo ascoltare, e ignorare tutto il resto. Ci interessa prendere in giro quelli così maleducati da non voler essere cool come noi. Ci interessa concederci qualche sciocca soddisfazione ogni cinque minuti. Ci interessano l’applicazione e lo sfruttamento assoluti dei nostri diritti di proprietà intellettuale. Ci interessa persuadere bambini di dieci anni a spendere venticinque dollari per una piccola custodia in silicone per iPod, un prodotto molto cool realizzato da una consociata Apple al costo di trentanove centesimi.(Jonathan Franzen, Libertà, traduzione di Silvia Pareschi, Einaudi, 2014, pp. 230-231)
Se è un azzardo definire Franzen il Great American Novelist, non possiamo negare la particolarità un autore in grado di coniugare alcune distorsioni nella società americana con la realtà della finzione, per inviare messaggi più potenti ed espliciti rispetto alla politica o alle inutili convinzioni che riempiono la vita dell’americano medio.
Il suo è, senza ombra di dubbio, uno dei ritratti più fedeli e affascinanti della contraddizione americana.
Autore: Jonathan Franzen
Editore: Einaudi
Traduzione: Silvia Pareschi
Anno: 2014
Pagine: 645
Prezzo: € 22
Acquista su Amazon:
ottima analisi, complimenti! Direi che il tuo primo incontro con Franzie è andato alla grande 🙂
Rischia di trasformarsi in una pericolosa dipendenza come quella con Dave Eggers 😛
Lo avevo iniziato lo scorso anno e poi non sono riuscita ad andare oltre la pag 50, ma mi ripropongo di riprovarci
Ci sono alcune parti molto lente, poi compensate dal resto. Franzen è esigente, ma la ricompensa non è male. 🙂
[…] Franzen, Libertà, traduzione di Silvia Pareschi, Einaudi, 2014, p. […]
[…] Franzen solleva il sipario sul marcio di promesse fatte e mai mantenute, riempiendo la pagina di dissezioni […]
[…] una delle cose che, per esempio, in Libertà mi aveva affascinato: un gioco di coppie complementari, tra i genitori che hanno deluso i propri […]