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Il west di un dio senza nome: L’ultimo serpente di A.B. Guthrie

Una delle caratteristiche del west è il suo essere atemporale: sappiamo cos’è stato, sappiamo quando è stato, ma le storie non lo rivelano mai – a meno che non ne facciano esplicito riferimento. A orientare all’interno della letteratura western è l’unica informazione geografica disponibile: l’ovest.

E Alfred Bertram Guthrie l’ovest l’ha vissuto sin dall’infanzia: nato in Indiana, ma trapiantato in Montana, lì dove aveva una splendida vista sulle Montana Tetons. Unici punti di riferimento in una mappa polverosa o confusa in distese boschive sono ranch, bar, locande, che intrecciano le tredici storie contenute ne L’ultimo serpente, edito da Mattioli 1885 con la traduzione di Nicola Manuppelli. Una pubblicazione che, se inserita nel panorama editoriale italiano, si sposa perfettamente in alcune scelte di case editrici dell’anno appena passato, come la pubblicazione di Warlock da parte di Edizioni Sur o Figli della polvere per Edizioni Clichy.

L’ovest americano è narrativamente immenso, dovevano saperlo Lewis e Clark. E, circa un secolo dopo, è pronto a popolarsi di singolarità caotiche, guerrafondaie o pacate, tutte che hanno alcuni tratti caratteristici del genere. Altro esempio è il paesaggio che, secondo gli studiosi di Guthrie, da solo avrebbe agito come fonte inesauribile di avventure. Nelle valli dei fiumi, tra i crepacci e le distese di vegetazione, niente è più difficile del concetto di conquista. Perché viaggiare e il semplice camminarci sopra non si traduce mai in proprietà e, quasi sempre, in scontro. Ecco perché penso che il vero motivo della spinta all’ovest non sia conquistarlo, ma sopravvivergli.

Le prove sono imprevedibili, possono essere come quelle de Il primo direttore, racconto sull’insediamento di un nuovo professore nella piccola comunità di Moon Dance che dovrà vedersela con un conservatore particolarmente violento; oppure può trattarsi de La magia delle montagne dove un uomo viene sottoposto a una prova di sopravvivenza da parte degli indiani:

Poteva sentire le voci, voci silenziose che parlavano a un uomo solitario e che non giungevano da alcun posto e da nessun tempo, e anche il castoro che parlava, coi movimenti della coda.

(da La magia delle montagne, A.B. Guthrie, L’ultimo serpente, traduzione di Nicola Manuppelli, Mattioli, 2016, p.139)

Gli spazi sterminati non lasciano dubbi sulla libertà dei loro abitanti, ma c’è sempre uno scontro tra l’uomo e la natura e tra l’uomo e la natura umana. Ne consegue che tutto l’apparato di valori che fino a quel momento ha definito la civiltà, si riconfigura in maniera inaspettata. La giustizia diventa vendetta quando in Un accordo, il proprietario di un negozio si prenderà la rivincita contro colui che l’aveva oltraggiato attraverso un trucco di furbizia. L’orgoglio diventa rivalsa quando la disciplina vince sulla pedanteria in Mamma oca o quando un macellaio tedesco cerca ostinatamente di battere un avversario in un incontro di boxe ne Il giorno dell’indipendenza.

Mentre uno spiraglio di ragione si affaccia verso quelli che si costruiscono una morale giorno per giorno, quasi che fosse un esercizio quotidiano. Alle stravaganze di molti personaggi (La puzzola del Moon Dance e Ruba-letto) si aggiungono malinconia e tristezza profonda ai quali non c’è rimedio. È il caso di uno dei racconti più struggenti della raccolta: Ebbie, la storia di un cane femmina, di un padre che non sopporta i periodi di calore dell’animale e di un bambino, il figlio, che osserva tutto e tace. O L’incidente che racconta il processo a un uomo distrutto dall’incidente che non ricorda di aver provocato, con un amaro finale:

Si voltò e frugò in una scatola su uno degli scaffali; tirò fuori una bottiglia, la fissò e poi la lasciò cadere nel cestino della spazzatura. Era una buona bottiglia di whisky, o perlomeno, lo era stata prima che la scolasse da cima a fondo.

(da L’incidente, A.B. Guthrie, L’ultimo serpente, traduzione di Nicola Manuppelli, Mattioli, 2016, p.49)

Già ne Il grande cielo la soluzione per vivere e l’unico modo per conoscere la terra e se stessi è un viaggio on the road. Dimostrava una parte fondamentale della sua scrittura: l’aver incamerato l’essenza di un dio onnisciente, consapevole di ogni evento, in grado di identificarsi, ma rispettando la regola di non intervenire mai. La mancanza di un giudizio di chi scrive dà una buona dose di realismo e immortalità ai protagonisti, che percorrono la scia dell’autodeterminazione.

EDIT: Il rapporto tra ovest, nativi americani e visi pallidi in un approfondimento sul blog Il giro del mondo attraverso i libri di Claudia. Secondo e ultimo appuntamento della lettura condivisa del libro!

a b guthrie l'ultimo serpenteAutore: A.B. Guthrie

Traduzione: Nicola Manuppelli

Editore: Mattioli 1885

Anno: 2016

Pagine: 149

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5 commenti

  1. Ciao Fabrizia! Ottima recensione! Traspare quel sapore di polvere e leggenda, tipico di quei grandi spazi e tempi da cowboy.
    Devo assolutamente recuperare gli altri due romanzi che citi: Warlock e Figli della polvere.

    A presto,
    Claudia

    1. Grazie! Il west è immenso anche nella letteratura. E l’obiettivo sarà recuperare quante più letture possibile 😉
      A presto!

  2. […] interessante approfondimento a proposito dei racconti di A. B. Guthrie lo potete trovare sul blog Il mondo urla dietro la porta di Fabrizia: lei è stata la compagna di viaggio di questa bella lettura […]

  3. Qualcuno mi può per cortesia dire qual’è il titolo in lingua originaria di questo libro di Guthrie?

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