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Dracula di Bram Stoker: una formula per l’immortalità

Nel corso di poco meno di un secolo il vampiro acquista quell’immortalità che dalle credenze folkloristiche passa alla letteratura.

La fortuna letteraria e teatrale di Polidori in Europa genera una eco affascinante per autori e grande pubblico. Sì, perché si inizia a parlare anche di una letteratura destinata a fette sempre più ampie di alfabetizzati.

Questo giustifica solo in parte il successo di Dracula (1897). Bram Stoker ha messo in atto un lavoro di ricerca incredibile e ha concepito una delle prime opere sul vampiro che non si è fermata al racconto. Dico una delle prime perché non è l’unica: sto pensando a un precedente altrettanto importante come Varney il Vampiro, di Thomas P. Prest e James M. Rymer, che nella metà dell’Ottocento ha contribuito a dare un ritratto preciso della creatura, con caratteristiche ereditate da Dracula e che sopravvivono ancora oggi [1].

Giocando con credenze popolari che non avrebbero colpito i più scettici, Stoker impianta il vampiro e le sue origini in un territorio e una storia realmente esistenti.

Se oggi il fascino della figura di Vlad l’impalatore e la Transilvania, terra imbevuta di miriadi di popoli, tradizioni e religioni, possono stuzzicare il piacere del mistero, il risultato più importante è un’opera che si distingue dalle rappresentazioni precedenti per almeno due motivi.

Il primo è, in qualche modo fondamentale, perché riguarda il tipo di narrazione scelta. Sappiamo che il romanzo ottocentesco non lesina di dettagli, strascichi del realismo della prima metà del secolo che però avevano lasciato il posto a un narratore meno autorevole e una trama non così lineare.

Dracula si presenta come un insieme di documenti, soprattutto pagine di diario dei protagonisti. Inizieremo dal giovane Jonathan Harker, avvocato che si reca in Transilvania per incontrare un acquirente che ha acquistato delle proprietà a Londra e continueremo con la comparsa di altri personaggi attraverso nuovi diari. Un espediente che non voleva rinunciare a dare l’illusione di avvenimenti realmente accaduti e che, di fatto, toglie la lettura dalla stasi e gli conferisce continua azione.

Ogni personaggio ha uno stile personale nel vivere e raccontare le vicende, senza che il lettore ne possa anticipare gli eventi.

Per sette anni Stoker studiò e mise in piedi un apparato di fonti impressionante servendosi degli antenati di Dracula e creando nuove caratteristiche per la creatura immortale. Come si era già letto in Varney, anche in Dracula abbiamo una descrizione particolareggiata dell’aspetto del conte:

Il viso è molto, molto aquilino, con il naso sottile e arcuato e narici particolarmente dilatate. La fronte è alta e bombata e ha i capelli folti tranne che intorno alle tempie, dove invece sono piuttosto radi. Le sopracciglia, anch’esse molto folte, sono quasi congiunte all’altezza del naso, con peli così cespugliosi da arricciarsi a profusione. La bocca, per quanto ho potuto vederla perché nascosta dai folti baffi, era ferma, dal taglio crudele, con denti bianchissimi e decisamente aguzzi che sporgevano dalle labbra color rosso vermiglio intenso, di una vitalità sorprendente per un uomo della sua età. Quanto al resto, ha orecchie pallide ed estremamente appuntite, il mento ampio e volitivo e le guance sode, anche se molto scavate. L’effetto generale è quello di uno straordinario pallore.

Christopher Lee è Dracula nel film del 1958
Christopher Lee è Dracula nel film del 1958

Da iniziatore di una stirpe, Dracula è un vampiro diverso da quelli che trasforma. È diventato, in definitiva, una creatura della notte (non è stato sempre così come abbiamo visto nelle settimane precedenti), può camminare sui muri, trasformarsi in lupo o pipistrello, controllare gli elementi naturali:

Può arrivare tra la nebbia che lui stesso ha creato: la nave del nobile capitano l’ha dimostrato; ma per quanto ne sappiamo, la distanza che può percorrere in questa nebbia è limitata e la nebbia può estendersi solo intorno a lui. Può arrivare insieme ai raggi della luna sotto forma di semplice polvere, come sempre Jonathan ha potuto vedere in quelle sorelle nel castello di Dracula. Può diventare piccolissimo… tutti noi abbiamo visto la signorina Lucy, prima di trovare la pace, infiltrarsi nello spazio di un capello attraverso la porta della tomba. Una volta trovata la sua strada egli può uscire o entrare da qualsiasi cosa, non importa quanto sia chiusa, o fusa con il fuoco, o persino saldata. Riesce a vedere nell’oscurità, e questo non è un potere da poco in un mondo che è per metà al buio. Ah, ma ascoltate ancora le mie parole.

Egli può fare tutte queste cose, eppure non è libero. Anzi, è persino più prigioniero dello schiavo di un galeone, o di un pazzo nella sua cella. Egli non può andare dove desidera, e, pur non facendo parte della natura, deve comunque obbedire alle leggi di natura… anche se non sappiamo perché. Non può entrare in un posto per la prima volta, a meno che non vi sia qualcuno che lo inviti a entrare, solo così potrà andare e venire come più gli piace.

Dracula è definito nei minimi dettagli, ma rimane muto per tutta la narrazione se non per pronunciare crudeltà.

Il vampiro è ancora il mostro aristocratico e spietato di Polidori, ma, al contrario di questo, non esercita nessun tipo di fascino in chiunque lo guardi. È più una belva che vuole soddisfare gli istinti primordiali scegliendo come vittime soprattutto donne.

I legami tra vittima e carnefice si sviluppano nel mondo dei sogni, in uno stato di ipnosi, in cui il conte diventa la personificazione del peccato. È un tipo di rapporto in cui le vittime inconsapevoli sembrano anche vittime di uno stupro.

Il cibarsi del sangue delle donne ha anche una sottile metafora che le vede private della capacità di generare vita per prosperare come creature di sola morte – arrivando, se proprio vogliamo farci trasportare dall’immaginazione, a un futuro dominato da vampiri e all’estinzione della vita umana.

Una scena di Dracula di Bram Stoker (1992)
Una scena di Dracula di Bram Stoker (1992)

Come fa notare anche Van Helsing, la trasformazione della vittima dipenderà anche dalla sua volontà di cedere o meno al male che s’insinua dentro di lei.

Una delle rivelazioni dell’opera, sarà proprio il professore olandese, simile nei modi a Sherlock Holmes che solo dieci anni prima risolveva il primo caso in Uno studio in rosso. Tuttavia, alla razionale freddezza di Holmes, Helsing è un uomo di scienza che rinuncia alla ragione per avventurarsi nell’oblio del mondo vampirico, cosa mai accaduta nelle trattazioni precedenti sulla creatura, che la vedevano trionfare proprio a causa dell’incredulità di chi era coinvolto.

Non dimentichiamo neanche il contributo di Mina Haker, donna, c’è bisogno di sottolinearlo, dall’incredibile volontà che rifiuta di essere la fanciulla in pericolo e si farà coinvolgere nell’azione fino alla fine.

Tra trattati, racconti e poesie sui vampiri, l’opera di Stoker è riuscita a emergere come originale che ha firmato il patto con il pubblico per l’immortalità del vampiro.

Sarà anche il ritratto vincente portato al cinema, immediatamente, da Nosferatu (1922), di Murnau, da Dracula (1931) di Tod Browning, fino ad arrivare all’interpretazione di Christopher Lee in Dracula il vampiro (1958), che ha reso il vampiro un’icona del genere horror.

Da qui la strada fino a noi è tutta in discesa se consideriamo gli anni Ottanta (vi dice niente Le notti di Saleme, soprattutto, gli anni Novanta a partire dallo splendido Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola e interpretazioni del vampiro in parodie come Dracula morto e contento.  

Per non parlare del vampiro che sbarca in televisione grazie a Buffy The Vampire Slayer e diventa la metafora dell’emarginato che fa leva su un pubblico di adolescenti.

Ogni volta il vampiro accoglie esigenze culturali mostrandosi come qualcosa di completamente nuovo. Anche chi deride Edward Cullen – io per prima – dovrebbe capire cosa significa la sua immagine vampiresca oggi. Con tutti i defetti che derivano dalla commercializzazione che ne è seguita, non possiamo negare che rimane una creatura testimone del nostro tempo e incarna il sogno adolescenziale dell’essere speciali, che si risolve paradossalmente in un’omologazione di massa.

Questo è il vampiro di oggi e a noi non rimane altro che chiederci quale altra veste avrà in futuro.

DRACULA: DEAD AND LOVING IT, Leslie Nielsen, 1995, © Columbia/courtesy Everett Collection
DRACULA: DEAD AND LOVING IT, Leslie Nielsen, 1995, © Columbia/courtesy Everett Collection

59928p-A6638YWXAutore: Bram Stoker

Editore: Giunti

Anno: 2014

Pagine: 624

Prezzo (cartaceo): € 8,50

[1] Purtroppo non sono riuscita a reperire in tempo i tre volumi di Varney il Vampiro pubblicati dall’ormai defunta Gargoyle Books, ma vi lascio il link alla splendida introduzione di Fabio Giovannini che traccia, meglio di quanto io possa fare, il ritratto del vampiro letterario e cinematografico.

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14 commenti

  1. Hai riassunto in poche convincenti righe un personaggio, il non morto, profondo e interessante fortunatamente passando oltre quell’oltraggio di Intervista con il vampiro, da me odiato in qualsivoglia versione.

    1. Oltraggio? Pensavo di soffermarmici prossimamente, in realtà 🙂 come mai non ti è piaciuto?

      1. Forse target sbagliato, personaggi ridicoli e singoli, che non si amalgamano nella storia, ma ciascuno di loro è un microepisodio. Questo il film.
        Il libro: stucchevole. Magari ero mal predisposto. E’ che venivo appunto da Le notti di Salem e da Dracula di Stoker… Non saprei, ma ho trovato i dialoghi vuoti. Ironici per sbaglio.

  2. Dopo aver letto il tuo post, ho notato due strani puntini sul collo …

    1. Così, in pieno giorno? Siamo spacciati allora!

      1. Dopo aver letto il tuo post, mentre tutto intorno era giorno, qui era notte …

  3. Davvero non male, anche come riassunto dell’opera magna riguardante il caro Conte.
    Una cosa, però: mi soffermerei un po’ su Le Notti di Salem come libro, una rivisitazione (a detta dello stesso King) del romanzo di Stoker.

    E,

    1. Sarà uno dei prossimi appuntamenti infatti! 😀 grazie per il consiglio!

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  5. […] di Otranto di Horace Walpole, per poi proseguire con Il monaco (1796) di Matthew Gregory Lewis, Dracula (1897) di Bram Stoker, opere in cui l’esasperazione dell’ambientazione, quella del castello, è […]

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