Il vecchio spettro che si aggirava per l’Europa è morto o non è mai esistito senza che si confondesse con il nemico. Il nuovo spettro che affligge il sistema-mondo è l’ipocrisia.
Il professare credenze, idee, che in pratica non si possiedono sembra l’indizio di una malattia dell’io più profonda: il non conoscersi affatto – ecco perché le reazioni indignate all’uscita del manifesto di un movimento totalitario, lasciano il tempo che trovano, risolvendosi nella crisi bifronte: sostenere una verità e ammettere l’opposto.
Il fascino della lingua risiede nella sua evoluzione che, seppure lenta, è inevitabile. Ecco perché se pronuncio “razza” il retrogusto mentale sarà di un tempo passato che non deve più tornare. Una parola come questa che è stata spogliata dei significati originari: teorie strampalate, spacciate per scientifiche, che ricercavano differenze morfologiche tra gli individui.
“Razza”, riferito a categorie di essere umani, cade in disuso a caro prezzo, ma si trasforma insieme al suo derivato. Il razzismo, come la sua radice, è infarcito di credenze che non hanno particolare fondamento né apparente motivo di esistere. Il razzismo è discriminazione, la convinzione che ci sia una gerarchia e chi finisce sui gradini più bassi è marchiato da caratteristiche di diversità per cultura, religione, orientamento sessuale, colore della pelle e chissà cos’altro.
La libertà individuale non finisce dove inizia quella dell’altro ma finisce dove quella dell’altro viene imposta. E gli Stati Uniti sono la dimostrazione del paradosso: crogiolo di una grande varietà di etnie, ma dimora di sentimenti discriminatori che fanno paura per la loro manifestazione estrema.
Ta-Nehisi Coates sceglie la non-fiction per svelare un malessere quasi fisico, tanto urgente e rabbioso che gli fa vincere il National Book Award 2015. In Tra me e il mondo si rivolge al figlio Samori per spiegare la sua maturazione di uomo nero cresciuto negli Stati Uniti, tra discriminazioni e razzismo.
Gli americani credono nella realtà della “razza” come a una caratteristica che appartiene in modo definito e indubitabile al mondo naturale. Il razzismo, la necessità di assegnare agli individui caratteristiche precise fino all’osso per poi umiliarli, sminuirli, e distruggerli, è la conseguenza necessaria di questa condizione inalterabile. Il razzismo, perciò, viene presentato come il figlio innocente di Madre natura, e noi siamo lasciati a deplorare il Passaggio Intermedio o il Sentiero delle Lacrime allo stesso modo in cui ci si può dispiacere per un terremoto, un tornado, oppure ogni altro fenomeno ascrivibile alla categoria di ciò che sta al di sopra di qualsiasi opera umana.
La trovata stilistica della lunga lettera al figlio quindicenne è la forma scritta di un discorso che, da padre nero, Coates avrebbe comunque dovuto affrontare. Che cosa significa essere afroamericano negli Stati Uniti, ecco cosa devono cercare di spiegare i genitori neri ai propri figli.
Può sembrare una forma di autosegregazione perché accettare le differenze non significa combatterle, ma il timore ha origine da un terrore concreto. Tra me e il mondo, sin dal titolo si comprende che il confine diventa tangibile. Il confine per Ta-Nehisi Coates si svuota di tutte le ideologie, di tutto l’astratto, e gioca una partita che ha inizio per le strade di Baltimora, il ring dello scontro tra i corpi.
Sin da piccolo la diversità tra lo stile di vita dei quartieri bianchi e la situazione di totale ingovernabilità in quelli afroamericani, gli fa pericolosamente puntare verso risposte immediate: le posizioni estreme. Le risposte della scuola non fanno altro che cambiare il soggetto del discorso, ma Coates si rifugia nello studio individuale fino ad approdare alla Howard University.
Definita anche la Mecca della comunità afroamericana, qui il mondo si apre con tutte le sue possibilità. I contorni di questo universo senza violenza sono però popolati da ombre, quelle passate della storia americana ed europea e quelle vicine. Vengono elencati i nomi degli afroamericani uccisi dalla polizia negli ultimi anni, le occasioni in cui sono avvenute e le assoluzioni che ne sono seguite.
Anche se gli anni dell’università sono un periodo di conferme, il mondo si rivela essere diverso dalle speranze. E le speranze, quando parliamo di America, non possono che coincidere con il Sogno. È proprio la negazione del sogno americano a scindere l’identità di Coates: mentre guarda le parate dei vigili del fuoco, dopo l’11 settembre, non riesce a identificarsi nella spettacolarizzazione della forza, tanto tipica americana.
La sensazione di estraneità in patria mi ha ricordato Thomas, il protagonista de I vostri padri dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?. Il personaggio di Dave Eggers era escluso dal viaggio verso il Sogno e ne metteva a nudo le incongruenze come l’ossessione del classificare, l’abbandono degli ideali di pace o l’insensata uccisione dell’amico da parte della polizia. Interamente composto attraverso la forma del dialogo, l’indagine solitaria di Thomas si trasformava in domande rivolte direttamente alla società.
Dico sul serio, perché non abbiamo una specie di progetto per quelli così? Immagino che i solo progetto governativo sia sbatterli tutti dentro, e capisco l’impulso di isolarsi dal resto della società. Fin lì ci arrivo. Ma poi c’è gente come me e Don, che in realtà non hanno mai fatto niente di male
(I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?, p.47)
L’autobiografia parziale di Coates svela la sua formazione di intellettuale, senza approfondire dettagli e motivazioni storiche – la «tendenza alla generalizzazione» è uno dei punti deboli del libro come ha spiegato Kakutani sul New York Times. Alterna il racconto del suo passato con il presente scandito dalle nuove vittime della polizia, tra il tono pacato, le sentenze verso la società americana e la rabbia dolorosa.
Da giornalista l’autore ha, da sempre, sottolineato i dettagli scomodi di alcune verità consolidate, come l’elenco delle dichiarazioni a favore della schiavitù da parte degli stati del sud o il risarcimento ai familiari degli afroamericani uccisi con il quale si crede di compensare l’ombra del razzismo.
Tra me e il mondo è una provocazione che a volte raggiunge toni radicali e rischia di rendere equivoco il suo vero obiettivo. Si tratta di una chiamata all’azione e non a sollecitare una risposta uguale e contraria che lo farebbe cadere nello stesso errore dell’idea che lo ha originato.
Quello che appare dagli scritti di Coates e di Eggers (senza dimenticare Zeitoun) è che contraddizioni come il razzismo non sono fenomeni casuali e isolati, ma sono l’indizio di un malessere strutturale, radicato nella società, alimentato da motivazioni ideologiche guidate dall’irrazionalità. Nessuno dei due propone una soluzione concreta per estinguerlo ma indica la strada dello scrittore. Nella velocità tanto esaltata dagli Stati Uniti fermarsi non è pura deontologia professionale, ma un dovere intrinseco della scrittura stessa.
Oggi l’espressione riforma della polizia va molto di moda, e gli atti di coloro che sono stati formalmente incaricati della nostra salvaguardia hanno attirato l’attenzione sia del Presidente sia della gente comune. Avrai già sentito parlare di “diversità”, di “addestramento all’empatia” e “body camera”2: sono tutte cose utili e interessanti, tuttavia sottovalutano l’entità del compito e permettono ai cittadini di fingere che esista davvero una differenza tra i loro atteggiamenti e quelli di coloro che hanno l’incarico di proteggerli. La verità è che la polizia rispecchia l’America, in tutti i suoi desideri e le sue paure, e qualunque cosa decidessimo di fare riguardo alla politica in materia di giustizia criminale di questo Paese, non si potrebbe mai dire che è stata imposta da una minoranza repressiva. Gli abusi derivati da queste politiche, la situazione carceraria fuori controllo, la detenzione indiscriminata dei neri, la tortura dei sospettati sono il risultato di una volontà democratica. Perciò mettere in discussione la polizia equivale a mettere in discussione il popolo americano che l’ha spedita nei ghetti, armata di quelle stesse paure che hanno spinto quelli che si credono bianchi a fuggire dalle città per rifugiarsi nel Sogno.
Autore: Ta-Nehisi Coates
Traduzione: Chiara Stangalino
Editore: Codice Edizioni
Anno: 2016
Pagine: 207
Prezzo (cartaceo): € 16
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