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Anne Rice: la parola al vampiro

intervista-col-vampiroAutore: Anne Rice

Editore: Longanesi

Anno: 2010

Traduzione: Margherita Bignardi

Pagine: 363

Prezzo(cartaceo): € 18,60

Prezzo(ebook): € 5,99

Nella sua lenta genesi durata secoli, il vampiro era dapprima una superstizione, un sentimento di paura che si accompagnava a riti scaramantici, poi è apparso per la prima volta, in letteratura, con le prime rappresentazioni, fino ad arrivare all’immortalità come personaggio, usato per assorbire le angosce di ogni tempo. Percezione, immagine e forma fisica, manca ancora un tassello fondamentale: la voce.

Fino agli anni Settanta il vampiro si era ammantato di eleganza e bellezza inaudite ma non aveva fatto altro che pronunciare poche frasi, estese dalle rappresentazioni cinematografiche, che lo delineavano in ogni caso come il cattivo. Anne Rice è una delle prime ad ascoltare la voce della creatura in un senso nuovo.

Dai castelli gotici e dal clima rigido della stessa temperatura della pelle vampiresca, ci trasferiamo in America, a New Orleans. La città più esotica della costa orientale che accoglie nel suo nucleo di origine francese, spagnoli, schiavi negri, indiani, coloni, ognuno oppresso a suo modo ma libero nel professare tradizioni, lingua e cultura. Anche l’architettura traduce la magia della città: ai quartieri riccamente adornati si alternano le misere baracche, le shotgun houses o le grandi ville. Capite che, nel movimento caotico continuo della città, nessuno avrebbe fatto caso a una figura simile a uno spettro che si aggira tra la folla.

Se diversità in Transilvania significava anche diversi connotati fisici, nonostante la presenza di popoli di aree geografiche vicine, a New Orleans “diverso” è un concetto che esiste per origini, estrazione sociale, capacità economica, ma non esiste per chi vive la città accettandola come miscuglio di culture molto diverse tra loro.

A raccontarci la storia è un vampiro, Louis, un tempo giovane possidente di Pointe du Lac, trasformato da Lestat, un vampiro amante della vita mondana. Quando Louis accoglie il giornalista che ha intenzione di registrare la sua storia, Anne Rice segna un primo punto a favore del lettore: l’incontro con un vampiro che non si risolve in un omicidio, ma in un civile dialogo.

Per la prima volta anteporre “il” a “vampiro” non è la generalizzazione che abbiamo inteso nelle opere precedenti. Qui si parla di “un” vampiro e della sua struggente diversità all’interno della sua stessa specie, tale che neanche New Orleans, il mondo altrettanto incomprensibile degli umani, riesce ad accoglierlo.

Ogni creatura della notte è diversa dall’altra per carattere, gusti e per giustificazione morale dell’omicidio. Se Dracula era presentato alla stregua di un animale dedito alla soddisfazione dei suoi istinti, Anne Rice vede nelle tante rappresentazioni del vampiro un perenne straniero, incapace di inserirsi, e, soprattutto, di definire le proprie origini.

Non ha i grandi poteri di Dracula e non prova repellenza per i simboli sacri, può essere ucciso dal fuoco e dallo smembramento dei suoi resti, ma sviluppa grande forza e velocità man mano che vive nei secoli. Una vera e propria vita dopo la morte che è come se attraversasse di nuovo tutte le fasi della vita umana: dalla nascita quando è mosso da un’avida fame, alla vita adulta passando per il periodo critico delle domande sulla propria esistenza.

È il vampiro Louis, un vampiro anomalo che da quando viene generato si chiede se la sua esistenza sia automaticamente dannata, senza possibilità di redimersi.

Non sempre essere immortale significa liberarsi di tutto quello che si ha di umano. Si arriva a una comprensione diversa del tempo e della vita umana, per esempio:

Tutta quella confusione ora somigliava a dei ballerini folli che si dimenavano nella nebbia; e ora, calato in questa strana natura di vampiro provavo una profonda tristezza. Ma non stavo a rimuginare. Non vorrei darti quest’impressione, perché sarebbe stato tempo sprecato; invece mi guardavo intorno, osservavo i mortali che conoscevo e vedevo tutta la vita come cosa preziosa, condannando tutti gli inutili sensi di colpa e le sterili passioni che la fanno scivolare tra le dita come sabbia.

Perché i vampiri si nutrono degli umani? Perché ne avrebbero il diritto? Per la sopravvivenza, ma persino questa risposta non riesce a soddisfare Louis, che diventa consapevole della preziosità della vita soltanto quando essa non gli è «sgorgata in un fiotto rosso sulle labbra, sulle mani». Elevarsi al di sopra delle cose terrene senza essere un angelo e senza avere le risposte che anche gli umani bramano, significa non riuscire a collocare neanche la responsabilità della morte, come accade con la piccola Claudia. In fondo il vampiro oscilla tra una condizione di estasi per il nutrimento e la scelta di chi nutrirsi.

La soluzione iniziale sembra essere quella di chiarire i dubbi andando proprio nella terra dove i vampiri sono nati. In Transilvania, a Varna, Louis e Claudia, trovano un ambiente molto diverso da quello che si aspettavano: non è New Orleans, anche perché qui la gente sa. Non ci sono neanche gli stessi vampiri: creature mostruose, mute, come le abbiamo conosciute in Dracula mossi da un’irrazionalità animalesca.

Le speranze sono perdute e ci si riduce a vivere alla giornata, magari a Parigi, la madre di New Orleans. Uno dei modi per sopravvivere per i vampiri è organizzarsi in una piccola società senza apparente gerarchia e poi incontrare Armand, uno dei vampiri più anziani mai esistiti. Neanche lui è in grado di spiegare la propria esistenza ma ne dà solo un’interpretazione:

«‘Allora noi non siamo…’mi misi a sedere ‘…i figli di Satana?’

«’Come potremmo essere i figli di Satana?’ domandò. ‘Credi che sia stato Satana a creare questo mondo?’

«’No, non credo che l’abbia creato Dio, se qualcuno l’ha creato. Ma deve aver creato Satana, e io voglio sapere se noi siamo i suoi figli!’

«’Esattamente, e, se credi che Dio abbia creato Satana, devi renderti conto che tutti i poteri di Satana provengono da Dio, che Satana è solo il figlio di Dio, e che noi pure siamo figli di Dio. Non ci sono figli di Satana’.»

I pellegrinaggi di Louis rimarranno vani perché non riuscirà a soddisfare la fame tanto umana, ma immortale, di porsi continuamente domande, mentre tutti quelli della sua specie non faranno altro che sopravvivere.

Anne Rice ha reinventato un personaggio: il vampiro tormentato dal senso di colpa per una maledizione che non avrà fine. Non lo colloca nel male assoluto: bene e male sono facce della stessa medaglia, come se il mondo non potesse vivere senza l’una e l’altra.

Anche se emarginato dal mondo il vampiro ne fa inevitabilmente parte, sta a lui decidere se nel bene o nel male.Intervista-col-vampiro-remake

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0 commenti

  1. Psicanalisi del vampiro 🙂 Be’, poverino, sempre più giù …

    1. Bello, immortale e anche tormentato!

      1. … sempre meno vincente, anche se non viene impalato nel finale 🙂

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